passato, storia

9 Agosto 378

La battaglia di Adrianopoli segna senza ombra di dubbio un colpo profondo ad una creatura agonizzante quale era oramai l’impero romano. A scuola ci hanno comunemente insegnato che la fine dell’impero romano è segnata dal 476 d.C. con la deposizione dell’imperatore romano d’occidente Romolo Augustolo. Ogni periodizzazione ha come sempre, più la funzione di semplificare il racconto storico che tentare di restituire la verità dei fatti.
Insomma la caduta dell’impero romano per dirla con le parole del sommo Arnaldo Momigliano fu una caduta che non fece alcun rumore, proprio perchè si trattò di un declino lento e non di una frattura immediata.

Guardando da vicino e con attenzione viene subito alla mente che i confini tra le epoche non sono così netti, che in realtà i barbari erano al servizio dell’impero romano con funzioni militari da almeno un secolo e l’idea di una popolazione barbarica che spinge sulle frontiere ed invade l’impero creandone la dissoluzione è una favola buona per essere raccontata in televisione.
La verità è che i barbari erano parte integrante dell’impero, che copiosissimi erano i goti al servizio dell’impero, e soprattutto che in quella famosa battaglia del 9 agosto 378, a fronteggiarsi erano solo formalmente i romani ed i goti, si perchè in realtà le truppe romane erano composte per lo più da barbari che facevano parte in pianta stabile delle truppe liminari da innumerevole tempo.

Esattamente come per il sacco di Roma del 410 da parte del magister militum (dell’impero romano d’occidente) Alarico che non dobbiamo immaginare come uno scapestrato che discende in Italia per saccheggiarla, ma come un personaggio che 10 anni prima era stato nominato appunto magister militum e che era in forze all’impero romano d’occidente.

Senza contare il fatto che già un secolo prima e per la primissima volta, Roma si era munita di solide mura volte a proteggerla costruite dall’imperatore Aureliano (275 d.C.), non bastavano più infatti le Alpi a difenderla e probabilmente del vallum antonini del 144 d.C. restava solo un cumulo di macerie a memoria di un apprestamento difensivo in britannia.

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film

La vita di Adele

Questo film ha un grande merito, l’aver esaltato la corporeità come dimensione autentica dell’essere a tal punto che il film si sarebbe potuto chiamare tranquillamente Il corpo di Adele.
Si perchè in realtà Adele vive mediante il proprio corpo più che con i propri sentimenti ed emozioni.
Mangia in continuazione e in maniera vorace, intensa ed istintuale.

Vive la propria corporeità come liberazione del proprio modo di essere, cerca la sua strada nel mondo proprio attraverso il corpo. Il suo amore ha consistenza fisica prima di ogni altra cosa, il suo corpo galleggia nell’acqua consentendole di stare a galla, quando tutto sembra sprofondare nell’abisso.
I suoi sentimenti sono ingarbugliati, incerti, intensi e certamente complicati, ma il suo corpo procede in maniera quasi separata, come se non fosse semplicemente espressivo di scenari profondi, ma fosse capace di dischiudere una verità intima irrinunciabile.

Infine nel film non ci sono cellulari, nè sms nè facebook, come anche qui forse a dimostrare la necessità di un rapporto diretto, fisico, non mediato dalla tecnologia.

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