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lamine plumbee di Iulia Concordia

Alla fine dell’ottocento furono ritrovate da Giuseppe Fiorillo, partenopeo che era a capo della Direzione Generale dei Musei e degli Scavi di Antichità, presso un un ponte completamente immerse nella melma dieci lamine plumbee con relativi graffiti.
Di queste otto hanno una natura eminentemente commerciale e due sono defixiones ovvero create per generare un maleficio.
Quale fosse la funzione di queste lamine è stato desunto chiaramente dal contenuto epigrafico, si tratta certamente di note di accompagnamento legate ai contenitori della merce descritta nelle medesime. Una sorta di etichette attaccate ai contenitori, di cui descrivevano il contenuto.
L’attenzione per questo tipo di reperti epigrafici è piuttosto recente, da un lato perchè queste lamine venivano spesso riutilizzate per cui vi erano tracce evidenti di cancellature, rendendo piuttosto lacunosa l’interpretazione delle medesime.
Dall’altro in quanto i riferimenti spesso erano relativi a personaggi ed eventi locali non facilmente decifrabili.

In sintesi le laminette plumblee ci raccontano di quantitativi di colla animale, di balle di lana, di una salsa di pesce di bassa qualità, allicium, prodotta con gli scarti del garum, di olio di mirra e di nardo.

Il motivo per cui sono particolarmente importanti queste rozze lastrine di piombo, è legato al fatto che nei pressi del canale in cui sono state rinvenute probabilmente vi era uno scalo commerciale fluviale, una sorta di interscambio fluviale in cui stoccare le merci provenienti da paesi lontani come certamente suggerisce il riferimento alla mirra o l’olio di nardo.
Questo documento eccezionale ha aiutato gli archeologi ad aggiungere un nuovo tassello alla forma urbis di Iulia Concordia.

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